Valgono per noi alcune regole.
La prima: coltivare il senso del possibile contro l'illusione di ogni certezza precostituita (se una cannuccia è un "pezzo di buco" e un cipresso è un "principresso", ogni cosa può essere un'altra cosa).
La seconda (la prendiamo da Bateson): “per pensare idee nuove si debbono disfare quelle già pronte e poi mescolarne i pezzi”.
La terza: accogliere lo "straniero" (l'errore, il caos, il disordine, l'alterità... ) perché tutto ciò che è imprevedibile, per il solo fatto di rompere un sistema, è rivitalizzante, generativo, corroborante.
Ci fermiamo qui... basta per dire che i nostri sono progetti vulnerabili, esposti alla natura mobile, flessibile e plastica del cambiamento, disposti alla relazione, aperti alla contaminazione, pronti all'emergenza di nuove e imprevedibili configurazioni.
Perché nascono, sin dall'inizio, dal sospetto che i sentieri della conoscenza sono come quelli della vita, si biforcano sempre.