articolo di Wanda Cronio
Sono i bambini che raccolgono con infinita cura cocci, rottami, scaglie, brandelli e scarti dei più svariati materiali. Li prendono e li mettono in tasca come piccole promesse di un mondo a venire.
Ma che cos’è un frammento? da quale luogo e da quale tempo proviene?
Frammento è ciò che resta di un’interezza andata in pezzi, ma è anche il richiamo a quell’interezza: è uno squarcio, un’idea fulminea, un flashback di memoria, un lapsus.
Il suo luogo è il limite tra la continuità di ciò che custodisce dentro i suoi margini, che perdura e resiste, e la discontinuità della frattura e del distacco. Frammento è permanenza e assenza al tempo stesso.
Figura che marca la modernità, il frammento si delinea a partire del XVII secolo come categoria interpretativa di una nuova percezione del mondo ed elemento di poetica, divenendo metafora di disorientamento, nostalgia, mancanza e al tempo stesso principio operativo capace di caricarsi di una valenza positiva, generatrice di un nuovo ordine e di un nuovo senso.
Dalla sua soglia incerta si può ripartire assemblando, rimescolando, reinterpretando e trasformando il limite (la mancanza, il confine) in una risorsa per un nuovo viaggio dello spirito e dell’immaginazione.
Disporsi a riconoscere e ad accogliere (raccogliere presso di sé) la tensione vitale del frammento, la sua forza evocativa e irradiante, può allora diventare predisposizione all’atto creativo, negli adulti come nei bambini, nel momento in cui si riconosce in esso non solo l’evidenza di una mancanza ma anche il vantaggio di una opportunità: per rimettersi in gioco, per ricostruire psichicamente e fattivamente, a partire da ciò che manca o è stato distrutto.
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